Dal 10 ottobre al 10 dicembre 2008 presso il nuovo studio in Corso Umberto I, 125 a Succivo, sarà esposta Made in China 2007, una mostra composta da 25 fotografie in bianco e nero di Salvatore Di Vilio, per l'occasione ci sarà l'inaugurazione del nuovo spazio espositivo e del nuovo studio fotografico.
Un soggetto imprevisto e un obiettivo curioso, che inquadra luci e ombre di un paese terribilmente lontano eppure ormai prossimo, incombente sulle sicurezze dell’Occidente. Il risultato di questo fortunato incontro è l’ultimo lavoro fotografico di Salvatore Di Vilio, artista capace di convogliare nei suoi scatti la stessa dose di impegno e poesia, che inaugura con la mostra "Made in China 2007 – 25 foto in bianco e nero" il nuovo spazio espositivo del suo studio fotografico.
«Uno spazio aperto alle idee e al territorio – afferma Di Vilio – piccolo ma ricettivo, che intende ospitare in particolare le opere con cui gli artisti, soprattutto i più giovani, provano a raccontare i luoghi irrappresentabili del nostro quotidiano, magari ricomponendone i frammenti grazie alla memoria storica». E quella della memoria è una traccia che Di Vilio segue spesso nei suoi lavori più recenti, dalla ricerca sulla tradizione atellana della coltivazione della canapa (da cui una serie di deliziosi libricini de “Il Ponte/Etrarte”, la casa editrice fondata dal fotografo) fino alla mostra “Prima del ballo”, esposta nel 2007 presso il Palazzo dei Sette di Orvieto, in cui le silohuette straordinariamente espressive dei ragazzi tirati a lucido per un povero sabato sera di provincia sono colorate a mano, secondo una tecnica in voga nella fotografia di primo Novecento.
Gli scatti realizzati in Cina, in occasione del Festival Internazionale di Fotografia di Lishui, costituiscono invece una felice divagazione oltre i confini abituali della poetica di Di Vilio: con lo sguardo che Giuseppe Montesano ha definito del “turista incantato”, il fotografo coglie i segni del cambiamento e la persistenza della tradizione nelle strade, nei luoghi di lavoro, nelle campagne, nei volti dei cinesi incontrati durante il viaggio, che pure ricordano – qua e là – le fisionomie scavate dal sole dei vecchi contadini di Terra di Lavoro.
Un soggetto imprevisto e un obiettivo curioso, che inquadra luci e ombre di un paese terribilmente lontano eppure ormai prossimo, incombente sulle sicurezze dell’Occidente. Il risultato di questo fortunato incontro è l’ultimo lavoro fotografico di Salvatore Di Vilio, artista capace di convogliare nei suoi scatti la stessa dose di impegno e poesia, che inaugura con la mostra "Made in China 2007 – 25 foto in bianco e nero" il nuovo spazio espositivo del suo studio fotografico.
«Uno spazio aperto alle idee e al territorio – afferma Di Vilio – piccolo ma ricettivo, che intende ospitare in particolare le opere con cui gli artisti, soprattutto i più giovani, provano a raccontare i luoghi irrappresentabili del nostro quotidiano, magari ricomponendone i frammenti grazie alla memoria storica». E quella della memoria è una traccia che Di Vilio segue spesso nei suoi lavori più recenti, dalla ricerca sulla tradizione atellana della coltivazione della canapa (da cui una serie di deliziosi libricini de “Il Ponte/Etrarte”, la casa editrice fondata dal fotografo) fino alla mostra “Prima del ballo”, esposta nel 2007 presso il Palazzo dei Sette di Orvieto, in cui le silohuette straordinariamente espressive dei ragazzi tirati a lucido per un povero sabato sera di provincia sono colorate a mano, secondo una tecnica in voga nella fotografia di primo Novecento.
Gli scatti realizzati in Cina, in occasione del Festival Internazionale di Fotografia di Lishui, costituiscono invece una felice divagazione oltre i confini abituali della poetica di Di Vilio: con lo sguardo che Giuseppe Montesano ha definito del “turista incantato”, il fotografo coglie i segni del cambiamento e la persistenza della tradizione nelle strade, nei luoghi di lavoro, nelle campagne, nei volti dei cinesi incontrati durante il viaggio, che pure ricordano – qua e là – le fisionomie scavate dal sole dei vecchi contadini di Terra di Lavoro.
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