venerdì 7 settembre 2012

L’ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI FILOSOFICI FINIRÀ NEL CARCERE….BORBONICO

Forse non tutti hanno seguito la tragicommedia messa in atto di recente dal Direttore dell’ Istituto per gli Studi Filosofici di Napoli, prof. avv. Gerardo Marotta, in reazione allo sfratto che è stato disposto a suo danno da parte del Comune di Napoli e della Regione Campania. 

In realtà la questione già si trascinava da qualche tempo ed aveva sollevato non pochi dubbi, soprattutto a chi faceva i conti nelle magre tasche pubbliche.

Infatti ogni anno, dal 1975, centinaia di seminari, dibattiti e pubblicazioni unilateralmente e monopolisticamente legate ad un certo tipo di cultura, “bruciavano” decine di milioni di euro di finanziamento pubblico, in “un’amministrazione confusa, caotica” (cfr.). Senza entrare nello specifico delle attività, comunque tutte rigorosamente giacobine, e degli inesistenti legami con il territorio e con tutta la sua storia e la sua cultura, e senza entrare nel merito dei continui insuccessi delle iniziative che, spesso, contavano più relatori che spettatori, in un momento di crisi grave come quello che stiamo vivendo, sarebbe stato necessario un dibattito serio ed approfondito. Innanzitutto sul ruolo ed il valore di certe istituzioni e sulle loro responsabilità, sul fallimento e sui limiti di un certo tipo di cultura, anche in merito all’attività di formazione che esse pretendono di svolgere se è vero che, come universalmente riconosciuto, Napoli e il Sud non hanno, da decenni, ad esempio, classi dirigenti adeguate.

Tenuto presente che l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli è stato da sempre il riferimento principale della cultura giacobina e risorgimentalista, sistematicamente lontana dalle radici culturali borboniche, tradizionaliste e cattoliche di Napoli, e che è stato ed è il maggiore avversario dell’attività neoborbonica, già da tempo si erano avviati su iniziativa della nostra Segreteria operativa una serie di “segnalazioni” con richiesta di chiarimenti, circa il versamento all’Istituto da parte del Comune di Napoli e della Regione Campania di 200 mila euro l’anno per l’affitto di 14 appartamenti necessari ad accogliere i volumi e gli “addetti” ai volumi. Inoltre si era provveduto a chiedere il bilancio pubblico dell’Istituto ed un riscontro incrociato del reale valore dei testi custoditi nonché le modalità di acquisto e la loro provenienza.


Sta di fatto che la scorsa settimana è arrivato improvvisa la disdetta da parte delle Istituzioni locali con il conseguente provvedimento di sfratto. 

Ed allora la sceneggiata interpretata del capo dei filosofi napoletani che si è fatto intervistare in pigiama (vedi foto) a lamentare la messa alla porta dei suoi ingombranti volumi giacobini da parte delle istituzioni napoletane.

Una reazione plateale che senza dubbio ha sortito il suo primo effetto se sindaci come quello di Casalnuovo, Antonio Peluso, di Acerra, Raffaele Lettieri e persino di Matera, Salvatore Adduce hanno prontamente offerto ospitalità agli scatoloni di Marotta.

Lo stesso sindaco di Napoli di fronte al vespaio giacobino e neogiacobino che si è alzato, ha proposto al professore di depositare i preziosi volumi in alcune ampie sale del Real Albergo dei Poveri. Ma la risposta sdegnosa del Direttore è stata pronta e delle più velenose, arrivando a collocare l’attuale cultura napoletana tra i principi di “festa, farina e forca” di borbonica memoria.

Tuttavia l’offerta più originale non si è fatta attendere ed è stata quella dell’ex ministro della Repubblica Gerardo Bianco. Egli ha messo a disposizione nientedimeno che il Carcere Borbonico di Avellino.

Una struttura settecentesca che per capienza, caratteristiche architettoniche, clima e praticità sembra la destinazione ideale per gli sfrattati. E sembra che sarà proprio questa la soluzione finale scelta in alternativa a quell’insicuro e polveroso capannone rimediato a Casoria dalla Regione Campania.

Alla fine un qualche riscatto morale da parte dei tanto bistrattati Borbone c’era da aspettarselo. Vediamo se quelle sale di costrizione costruite per ospitare anche gli amici storici di Marotta non riescano ad illuminarlo sul fatto che, se non fosse stato proprio per il carcere dei tanti odiati (da lui) Borbone, i suoi libri sarebbero stati condannati a morte sicura invece che ad una salutare reclusione di salvezza.

La vendetta della storia offesa è puntuale e l’effetto del suo susseguirsi è spietato: “ ieri a me, oggi a te”.

Articolo di Alessandro Romano del 3Settembre 2012 diffuso dal notiziario telematico leggittimista del Regno delle Due Sicilie.

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